Tante e troppe polemiche attorno al prezzo alla stalla del latte. Per chi compra è alto, per chi vende è basso. In realtà i problemi sono a monte e non è con gli atti di forza che li si risolve
Del tempo e del prezzo del latte sono i due fattori di cui più si lamentano gli allevatori italiani. In entrambi i casi però poco c’è da fare. Il tempo lo decide il Cielo, mentre il prezzo del latte lo fa il Mercato. In entrambi i casi due realtà fuori da qualsiasi controllo, fermo restando che quando piove ci si può proteggere con l’ombrello. Per vincere la sfida del prezzo la faccenda è invece più complessa dovendo capire quali forze compongono e animano il mercato per prevederne gli andamenti e attuare le scelte più oculate. Lamentarsi se quest’ultimo paga poco in definitiva non serve né risolvono i problemi le proteste violente come quelle messe in atto all’inizio dello scorso mese di novembre da un gruppo di allevatori lodigiani capeggiati da Coldiretti, associazione che non manca mai di approfittare dei problemi altrui per mettersi sotto i riflettori. Nel caso specifico le agitazioni erano rivolte contro il gruppo francese Lactalis, reo di pagare il latte una cifra attorno ai 33 centesimi al litro contro i 37/38 chiesti dagli allevatori che, per forzare la mano dell’Azienda francese avevano attuato il blocco del magazzino di distribuzione Lactalis. La risposta di quest’ultima è stata però tanto semplice ed efficace quanto brutale. Ha infatti cessato i ritiri del prodotto costringendo i manifestanti a tornare sui loro passi e a portarsi a casa quale unico ritorno l’aver costretto i media nazionali e il Governo a prendere atto della situazione. Da qui a venirne fuori però il cammino è lungo e impegnativo visto che, come accennato, il prezzo del latte non nasce per caso e vede contrapposte realtà molto diverse fra loro. Da una parte infatti gli allevatori, gente cui di primo acchito vanno le simpatie e gli appoggi popolari, dall’altra l’industria della trasformazione, da sempre vista quale prevaricatrice dei diritti altrui. In realtà le cose sono più complesse e sia gli allevatori sia l’industria hanno ottimi motivi per portare avanti le proprie tesi. A conferma, alcune riflessioni sui fatti lodigiani. Prima realtà: Lactalis vince. È la più amara delle verità, ma è bastato lasciare il latte in stalla per poche ore per far tornare i manifestanti sui loro passi. Le bovine vanno in effetti munte, gli allevatori non possono stoccare il prodotto da soli e sono pochissimi i clienti cui venderlo. Certamente la mossa del Gruppo francese non ha avuto nulla di etico, ma nessuno può costringere Lactalis ad acquistare un prodotto con la forza ed è noto che in campo commerciale vale la massima che vuole il cliente avere sempre ragione. Seconda realtà: gli allevatori hanno perso. Una sconfitta che si poteva evitare pensando che il problema del prezzo del latte dura da anni trovando una delle sue basi nell’assenza di una solidarietà commerciale e operativa fra gli allevatori stessi. Non sanno far squadra, tant’è che fino a poco tempo fa il settore era diviso tra chi aveva e rispettava le Quote Latte e chi invece le sforava. Di fatto, un settore che ha grandi potenzialità, ma che resteranno inespresse senza una forte ristrutturazione in termini tecnologici e di pensiero. Certamente piange il cuore pensare a come le logiche di profitto non tengano conto delle fatiche che stanno dietro a ogni litro di latte e proprio per questo la simpatia per gli allevatori è grande, ma le regole del mercato sono quelle che sono e non le fanno né le Multinazionali né gli allevatori. Nel caso specifico si è alle prese con molti produttori che devono vendere a pochi compratori, con i primi che hanno anche dimensioni e forze molto inferiori ai secondi. Chi, come Coldiretti, pensa quindi di poter vincere la battaglia per il reddito in stalla semplicemente chiedendo un aumento del prezzo ha poche probabilità di vittoria mentre, al contrario, gli allevatori possono vincere la sfida guardando alle proprie aziende e chiedendosi se e come sia possibile renderle più efficienti. Sapendo, oltretutto, che i sussidi pubblici andranno sempre più a ridursi. Se gli allevamenti stranieri stanno in piedi con prezzi del latte alla stalla inferiori ai nostri, come dimostra la tabella pubblicata in queste stesse pagine, non c’è motivo per cui non debbano stare in piedi gli allevamenti nostrani se sapranno ammodernarsi e meccanizzarsi. Bisogna accettare l’idea che il Mondo va avanti e chi non gli sta al passo chiude.